Paesaggi | Reggiolo-Rolo

La serie di immagini che compongono questo lavoro | ph. Luca Chistè © |



Paessaggi | Reggiolo Rolo

 Sulla fotografia di paesaggio si discute da sempre.
Forse da troppo. 

Questo lavoro, come molti altri che si ricollegano alla mia identità fotografica, cerca di dare fiato e prospettive di sguardo a quel “paesaggio minore”, talvolta silente e poco spettacolare, che tuttavia connota e scandisce il ritmo dell’esistenza umana per moltissime persone e per determinati luoghi. Questo progetto, in accordo alla definizione di paesaggio antropico, risulta modellato e (ri)configurato dall’uomo che, nel corso dei millenni, attraverso le sue modalità di appropriazione, lo trasfigura fino a trasformarlo, talvolta irreversibilmente, rispetto alla sua primigenia essenza.

In questi luoghi, l’uomo cerca una possibilità esistenziale che diviene, giorno dopo giorno e con le inevitabili stratificazioni, “storia umana”.

 I paesaggi come quello dell’hinterland di Reggiolo Rolo, dove sono state eseguite queste riprese, come molti altri dell’urbanizzata Pianura Padana, sono stati interessati da una “economia di trasformazione” che, ha cambiato, e sta cambiando, le dinamiche del territorio antropico e, con esse, il modo in cui il paesaggio viene percepito da parte di chi lo osserva.

 Queste fotografie sono state scattate al mio rientro dal lavoro fatto a Norcia, Amatrice, Preci ed altri luoghi del terremoto nella tarda primavera del 2017 (per questo specifico lavoro, si veda sul sito il link: TERREMOTO 2017).

Con una rivisitazione tecnica e critica delle imamgini, operata a distanza di tre anni, trovo che queste fotografie mantengano integro, rispetto al mio personale modo di intendere la fotografia, tutta la loro identità ed attualità.

Luca Chistè / primavera 2020 /

Scrive Paola, una cara amica, a proposito di questo lavoro:

Caro Luca, non sai quante volte sono passata a Reggiolo Rolo, passaggio obbligato per andare a Reggio Emilia, senza raggiungerla solo in Autostrada.

È la terra di mio marito, ed ogni volta che osservavo quel paesaggio piatto e apparentemente insignificante, percepivo invece, una gradevole bellezza, fatta di gesti e di voci di gente laboriosa e gentile. Ogni tanto grossi casermoni, ormai in disuso, apparivano nella campagna, segni tangibili di una operosità ormai decaduta. Un certo senso di tristezza per l’abbandono di saliva velocemente nell’anima. Ma poi lungo il tragitto, scoprivi che stalle erano pieni di animali e fienili stracolmi di balle di fieno, oppure arrotolati ad asciugare nella campagna. In quel paesaggio immaginavo gesti e voci che si ripetevano apparentemente sempre uguali, dall’alba al tramonto, ma che costituivano la vita ordinata e ben strutturata di quella gente contadina, dalle profonde radici affossate in quella splendida terra, piena di cultura e sapienza.