Sizzeri, Schützen e Standschützen



GALLERY FOTOGRAFICA

[+] «SIMBOLI, ICONE E RITRATTI DI UN’IDENTITÀ» // ph. Luca Chistè © //


Difesa territoriale, valori e tradizioni nel Tirolo meridionale.
Sizzeri, Schützen e Standschützen


Difesa territoriale, valori e tradizioni nel Tirolo meridionale.
Sizzeri, Schützen e Standschützen

a cura di Federico Maraner e Marco Ischia

«Ritratti di un’identità»

immagini di Luca Chistè


Con apertura al pubblico avvenuta il 5 giugno 2021, Palazzo Trentini di Trento, grazie alla disponibilità del Consiglio della Provincia di Trento, ha ospitato, fino al 25/06/2021, la rassegna - poi prorogata - dedicata agli Schützen del Trentino, dal titolo: “Difesa territoriale, valori e tradizioni nel Tirolo meridionale. Sizzeri, Schützen e Standschützen”.
Nell’ambito del progetto espositivo, essenzialmente di tipo storico (curato da Marco Ischia e Federico Maraner ), ha trovato posto, con una articolata serie di immagini, realizzate in oltre un anno di lavoro ed essenzialmente dedicate ai ritratti ed ai volti degli Schützen trentini, la mia rassegna autoriale, proposta presso la sala Othmar Winkler di Palazzo Trentini / Trento .
Le 32 immagini esposte, di tipo fineart in grande formato (stampate e certificate personalmente dall’autore , su carta Hahnemühle Photo Rag 308gsm, 100% cotton white), sono state riprodotte in catalogo, la cui curatela, per la parte fotografica, è stata affidata all’antropologa Romina Zanon.


«SIMBOLI, ICONE E RITRATTI DI UN’IDENTITÀ»
Le Compagnie Schützen del Tirolo Meridionale attraverso lo sguardo etno-antropologico e a-politico di Luca Chistè

di Romina Zanon

** TESTO CURATORIALE E IN CATALOGO **

Per introdurre una riflessione intorno al lavoro fotografico di Luca Chistè dedicato alla di- mensione valoriale, simbolica e sociale delle Compagnie Schützen del Tirolo Meridionale occorre affrontare due nodi concettuali: il primo riguarda il suo metodo d’indagine visiva di matrice demo-etno-antropologica; il secondo il legame intercorrente tra realismo documentario e soggettivismo estetico della narrazione nella trasmissione delle informazioni visive attraverso la pratica fotografica.

Come avverte Francesco Faeta, per produrre una descrizione tramite mezzi visuali di un contesto o di un evento antropologicamente significanti «si deve prima costruire, attraverso un’attività complessa, un campo di osservazione e poi, da questo, tramite mezzi tecnici, estrarre immagini». Com’è noto le discipline demo-etno-antropologiche sono convenzionalmente basate sull’osservazione diretta della realtà e possiedono uno statuto al cui interno le attività rappresentative costituiscono un momento privilegiato e un metodo largamente fondato sullo sguardo e sulla visione. Esse, scrive Francis Affergan, «inaugurano la loro pratica e convalidano le proprie ipotesi teoriche tra- mite la vista. Senza tecnica d’osservazione, senza strategia dell’occhio, senza prammatica della facoltà visiva, l’Altro non può comparire né divenire oggetto di conoscenza».

Se la vista è il senso capitale per la formazione del sapere etno-antropologico, i suoi strumenti di moltiplicazione tecnologica, come il cinema e la fotografia, eseguono una sorta di drenaggio critico sulla realtà: la sottopongono a verifica, estraendone gli aspetti concettuali fino a trasfigurarli in testimonianze visive.

All’interno della poetica visiva di Chistè, lo scatto non costituisce il primo approccio alla realtà, ma il risultato di esperienze, seppur propedeutiche, di osservazione e conoscenza.

L’autore antepone allo scatto una rigorosa pre-informazione teorica, partecipa a numerosi eventi legati alla tradizione degli Schützen del Welschtirol, utilizza alcuni esponenti come interlocutori privilegiati e mediatori rispetto alla realtà fotografata, pone la sua attenzione su tutta la realtà che si esibisce al suo sguardo senza scivolare in facili cliché ideologici e ricompone, nella sua dettagliata “morfologia”, un affresco visivo delle Compagnie. Per Chistè la pratica dello scrivere con la luce costituisce un prezioso ausilio conoscitivo, uno strumento per riconoscere la complessità dell’universo in cui si muove e la densità dei documenti visivi che ne trae. Nell’arco di un anno di intenso lavoro, l’autore produce migliaia di immagini (di cui, per questa iniziativa, è stata operata una rigorosa selezione) capaci di cogliere puntuali informazioni e restituire il senso del tessuto valoriale, simbolico e sociale insito negli Schützen.

Per quanto concerne il secondo nodo concettuale, ossia le modalità estetiche di restituzione fotografica del soggetto di interesse etno-antropologico, la grammatica e la sintassi del linguaggio fotografico di Chistè si esprimono attraverso due moduli fondamentali: l’istantanea e il ritratto. Nel primo caso, l’autore cristallizza in immagine gesti e simboli dell’universo valoriale e iconografico delle Compagnie: il tradizionale costume da cerimonia che comprende un copricapo ornato di piume di fagiano di monte e decori floreali; la bandiera che su di un verso reca l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, mentre sul lato opposto presenta un’immagine che identifica il luogo di provenienza del gruppo; il fucile e la spada, sinonimi di libertà, giustizia e impegno per la protezione e conservazione della loro identità. I particolari e le scene d’insieme raffigurati nelle istantanee sono colti dall’obiettivo attento e partecipe di Chistè attraverso un’elevata potenza formale che trasforma il quadro fotografico in un luogo di condensazione narrativa, punto d’intersezione tra qualità estetica, pregnanza etnografica e fascinazione. Nel restituire le impressioni che riceve dal diretto rapporto con il vero, l’autore opera una sintesi visiva come acclamazione dell’immediatezza e dell’asciuttezza del linguaggio fotografico nella sua duplice funzione espressiva e documentaristica.

Come rileva il fotografo e saggista inglese David Bate, in questa peculiare modalità di lavoro documentario «è preferibile considerare la macchina fotografica come un teatro o uno studio portatile, dove il fotografo“mette in scena”, crea una scena dal flusso della vita muovendo la fotocamera-studio per farla coincidere con l’immagine-mondo della fotografia». Chistè attiva la macchina fotografica quando le figure sono composte nella giusta combinazione di gesti, espressioni, azioni, giochi di luce e ombra per creare narrazioni visive dense di valenze demo-etno-antropologiche all’interno di quadri “di luce” votati al virtuosismo dell’istantaneità e alla ricerca estetica del “bello”.

La seconda direttrice del linguaggio visivo di Chistè, ossia il modulo del ritratto – che, come informa Francesco Faeta, contribuisce «in modo determinante a costruire etnografie raffinate, complesse, sintetiche e analitiche al contempo, dense d’informazioni e di acquisizioni critiche» - consente all’autore di rilevare due peculiarità dell’identità Schützen: l’inter-generazionalità e la parità di genere che si manifestano in volti maschili e femminili di ogni età, indicativi del valore sociale e culturale del movimento. L’obiettivo di Chistè si sofferma, al contempo, su visi solcati da rughe profonde e giovani sguardi intrisi di futuro per sancire un continuum storico di permanenza culturale nelle nuove generazioni.

La trasfigurazione del reale nel suo corrispettivo fotografico consente allo spettatore di scoprire una profonda consonanza tra i soggetti ritratti e l’universo valoriale e simbolico in cui la loro vicenda s’inscrive: i ritratti di Chistè trattengono la densità di sguardi ed espressioni, liberandone l’essenza identitaria ed emozionali sussulti di orgoglio, sintomo di uno spirito di appartenenza che affonda le radici in tempi lontani. La lucente monocromia che veste la scena colloca i soggetti in una dimensione di astrazione che induce il nostro sguardo a leggere la tradizione come una fitta tessitura valoriale e sociale capace di resistere alle scalfitture del tempo e adattarsi alla modernità (il vistoso smalto sulle mani di una ragazza e il piercing all’orecchio di un giovane risultano evocativi in questo senso).

L’esigenza narrativa di Chistè, inserendosi nei confini di un progetto ragionato di conoscenza per immagini, approda a inquadrature dense di significato attraversate da uno sguardo mai casuale, ma piuttosto partecipe e attento alle vibrazioni del momento decisivo. Alternando istantanee a ritratti in posa, l’autore crea un affresco senza tempo del “microcosmo” identitario degli Schützen del Tirolo Meridionale nel tentativo di restituirne il secolare universo valoriale e simbolico mediante un’interpretazione estranea a qualsiasi ideologia intellettuale. La raffinata sensibilità etno-antropologica che permea il suo sguardo gli consente di tradurre visivamente icone, gesti, volti topici dei “Bersaglieri Tirolesi” mediante un peculiare linguaggio estetico in bilico tra realismo etnografico, narrazione autorialmente connotata e oggettivismo a-politico, capace di trasformare le immagini in “fonti di storia” dal rilevante valore testimoniale per la memoria futura degli Schützen.

Romina Zanon / giugno 2021 © /


MATERIALI DELLA RASSEGNA (°)

Difesa territoriale, valori e tradizioni nel Tirolo meridionale.
Sizzeri, Schützen e Standschützen

a cura di Federico Maraner e Marco Ischia

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CATALOGO
RASSEGNA


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PRESENTAZIONE
RASSEGNA


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ESTRATTO SERIE
PANNELLI ESPOSITIVI


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PANNELLO ESTERNO
PALAZZO TRENTINI


(°) Design e grafica dei materiali in rassegna, di comunicazione e del catalogo, a cura di:
Luca Chistè / Phf Photoforma | Trento


RINGRAZIAMENTI:
L’autore desidera ringraziare lo staff della Presidenza del Consiglio Provinciale di Trento , il Presidente del Consiglio della Provincia per la sensibilità dimostrata al progetto e tutti i curatori che ne hanno favorito la realizzazione: Marco Ischia, Federico Maraner, Romina Zanon e Roberto Bazzanella.
Uno speciale ringraziamento alla Federazione degli Schützen del Welschtirol/Trentino, con particolare riferimento alla persona di Enzo Cestari ed a tutte le compagnie che, con la loro disponibilità, hanno favorito e reso possibile le riprese fotografiche ideate per il progetto.



Tutte le immagini della gallery, realizzate in grande formato (A2 e A1) con tecnica fineart, sono stampate e certificate personalmente dall’autore e sono disponibili alla vendita. per eventuali info, fare click qui:
luca|at|lucachiste.com
Le stampe sono prodotte su carta Hahnemühle Photo Rag 308gsm, 100% cotton white
Per informazioni sulla carta Hahnemühle impiegata, si veda la seguente scheda:
Hahnemühle Photo Rag 308



Immagini della rassegna

ph. Fabrizio Contino Gravantes ©